IL TIRRENO 13-11-2006 QUEI PIGRONI DEI VITICOLTORI ETRUSCHIUna ricerca rivela: utilizzavano solo vitigni selvatici VOLTERRA. Nella sala del Maggior Consiglio di palazzo dei Priori, ieri mattina, il professor Alessandro Papò, saggista, storico e coordinatore del G.A.L.(gruppo archeosub labronico), ha illustrato uno studio sui vini etruschi e sulle anfore ritrovate in un relitto naufragato nelle acque di Calafuria, vicino Livorno. L’incontro era inserito nel programma di Volterragusto. Al fianco di Papò, c’era l’assessore alle attività produttive Giacomo Santi.Avvalendosi degli studi della professoressa Miria Mori Secci dell’università di Firenze, Papò ha raccolto ulteriore materiale per illustrare alcune usanze, caratteristiche e modi di coltivare le viti tipici degli etruschi.Ha rivelato che il vino etrusco non era un vino pregiato come quello greco ma che era, comunque, largamente diffuso ed esportato in diverse zone dell’Italia e in Germania: “ Era apprezzato dalle popolazioni che abitavano nel golfo della Liguria, come gli Ittiti, e dai Celti che vivevano in Germania”. Quindi si può dire che il vino etrusco era un vino decisamente internazionale.Il vino era trasportato e conservato dentro anfore di terracotta di diverse misure;alcune sono state ritrovate dai sub del G.A.L a Calafuria. Potevano arrivare ad una altezza di un metro e mezzo ed erano impeciate internamente ed esternamente, perché la terracotta è porosa. Gli Etruschi, inoltre, non erano grandi coltivatori di vitigni e sperimentatori come, al contrario, lo erano i Greci. Nella coltivazione delle vigne spendevano poca energia. In realtà, dalle testimonianze storiche raccolte, sembra che non si impegnassero molto in questa attività; preferivano, in sostanza, che le viti crescessero spontaneamente. Però, ancora oggi quel vitigno così resistente esiste: è il trebbiano.“La qualità del vino che gli Etruschi riuscivano ad ottenere - spiega con entusiasmo il professor Papò – era simile al trebbiano, un po’ asprigno e poco alcolico. Era bevuto dalle classi del ceto basso”. Altra conclusione degli studiosi è quella che per i pigri produttori di vino era usanza di allungare il vino con acqua.Gianna Fabrizi