PIETRE FORATE A QUINCUNCEALESSANDRO PAPO’ GIANLUCA CITI LETIZIA MARINI Le pietre forate a quincunce (PFQ) sono dei lastroni litici di non rarissimoriscontro nei fondali di tutto il Mediterraneo, di forma più o meno quadrata,con 4 fori passanti agli angoli e uno più grande al centro (fig 1 e 2). Questacaratteristica disposizione dei fori in uno spazio quadrato è detta “aquincunce”(1) perché richiama il “quincunx” dei romani, un simbolo identico alla figura del 5 dei dadi da gioco, indicante 5/12 di asse, cioè 5 once.Le pietre hanno i lati un po’ più lunghi di mezzo metro, uno spessore dicm. 14-15 in media e un peso generalmente tra i 50 e i 100 Kg., sino a120 Kg. Rinvenute per lo più isolatamente (e pertanto non databili) e inacque basse o relativamente basse, sono state diversamente interpretate:come ancore litiche(2),filiere per cavi, ruote di manovra(3),basi per alberi dinavi, contrappesi per catapulte, basi di argani o bitte(4).E’ prevalsa, fratutte, la vecchia (1960) opinione di F.Benoit (5) ,condivisa da H.Frost (6) ,abbracciata e più volte ribadita da M.Galasso (7), secondo la quale ilreperto sarebbe la pietra di zavorra e fissaggio centrale della croce ligneadi S.Andrea, l’attrezzo utilizzato per la pesca del corallo da tempoimmemorabile, forse dall’antichità, sin quasi ai nostri giorni. Le travi dilegno dell’attrezzo, in particolare, si incrocerebbero a livello del forocentrale (sembra al di sotto piuttosto che sopra la pietra) rimanendo fissateal lastrone mediante dei robusti perni di ferro attraverso tutti e cinque i fori.Completerebbero il sistema diversi spezzoni di rete appesi alle estremitàdelle travi e lungo le travi stesse e, giusto al centro della pietra, un anellodi sospensione per un cavo di collegamento con una imbarcazione (fig.3).Lo strumento, opportunamente manovrato dal natante mediante tale cavo,demolirebbe per urto le arborizzazioni coralline, raccogliendole alcontempo con le reti (8). Ci permettiamo di avanzare parecchie perplessità su questo uso corallinodelle PFQ:(1)Intanto non esistono evidenze archeologiche sull’uso corallino.(2)I luoghi di rinvenimento di dette pietre, inoltre, corrispondono soloparzialmente a zone di pesca del corallo. Parecchi esemplari, anzi,sono stati rinvenuti ben lontano da qualsiasi zona coralligena.(3)Per la sua struttura, la pietra a quincunce non sembra affatto adattaalla funzione suddetta. Il sistema di fissaggio attraverso i fori, inparticolare, sembra decisamente una forzatura.Risulta peraltro daevidenze archeologiche che, in modo estremamente più semplice edeconomoco, la croce di S.Andrea fosse fissata e zavorrata nel puntodi incrocio mediante un corpo litico o plumbeo, spesso globiforme,non eccessivamente pesante, opportunamente forato (2 foriortogonali e sovrapposti) o scanalato oppure in altri modi ancora piùelementari.(4)Le pietre in questione non mostrano evidenti scheggiature,erosioni,strisci o altri segni dei molti urti che avrebbero dovutonecessariamernte ricevere a causa del loro impiego specifico. Simostrano, anzi, pressochè sempre integre, persino con vertici espigoli intatti e superfici praticamente lisce.(5)Il peso della pietra è davvero enorme per una zavorra di croce diS.Andrea : 100 o 120 Kg. avrebbero iper-zavorrato non solo la crocema, contemporaneamente, anche la stessa imbarcazione corallina,funzionando da colossale, vera e propria ancora Killick(9).(6)E, giusto a proposito di peso, cade il nostro contributo, trattodall’archivio che Franco Papò (m.1984), pioniere della ricercasubacquea e fratello di uno di noi,raccolse negli anni 60 e 70 delsecolo scorso (con esperienze anteriori) come conduttore dellastorica rivista “Mare Antico” di Mondo Sommerso cui pervenivanosegnalazioni e richieste da tutti i mari d’Italia e delle nazioni vicine:Segnalazione: anonima del 10/01/1974 Luogo del recupero: litoraleromano, probabilmente Fiumicino (foce del Tevere).Fondale: 7-8 metri,Contesto:“Grossi cocci di orci,chiodi di rame,framentidi legno e ciotole di coccio” (dalla lettera del segnalante)Recuperi: “Una grande pietra” come da fig. 4, con misure di cm.60x70x20, diametri cm.20 per il foro centrale e cm.9,5 per i quattroangolari, peso Kg.180 (centottanta!). Probabili tracce di ruggine.-“Un pezzo di piombo”, come da fig.5, rinvenuto vicino alla pietra, conmisure cm. 40x15x8, peso non segnalato.Ci troviamo dunque di fronte a una bella pietra a quincunce integra,senza segni d’urto, neanche ai vertici, del peso eccezionale (record, perquanto ne sappiamo) di ben 180 Kg. La contromarra a 2 fori (uno per unfusto d’ancora e l’altro per una sola marra), gli accennati oggetti delcontesto e il luogo del rinvenimento fanno pensare ai resti di un relittod’imbarcazione romana d’epoca probabilmente repubblicana. E’ dunquepossibile che la PFQ fosse legata a quell’imbarcazione e persinoall’ancora bidente di cui faceva parte la contromarra. Di più non possiamodire perché non ci siamo basati su un esame diretto, ma solo sudocumenti d’archivio. Il solo dato del peso, comunque, ci sembra più chesufficiente per escludere una funzione corallina della pietra e per farciorientare verso un basamento. F.Papò ipotizzò che quella pietra potesseessere un’antica scassa d’albero navale o qualcosa di simile (vedi schizzodello stesso Papò in fig 6).E noi siamo d’accordo nel ritenere il peso e la forma delle pietre aquincunce decisamente compatibili con un basamento, il foro centrale(protetto o meno da un collaretto di ferro) idoneo all’alloggiamento di untronco, anche di buone dimensioni, e i fori angolari tipicamente adattissimial fissaggio bloccato su qualsiasi genere di pavimento mediante cavicchide tipo “prigioniero”. Con le acquisizioni di questi ultimi tempi, però, pursenza discostarci da questa interpretazione generale, siamo piùprecisamente orientati sul basamento di un argano salpancore più o menoantico, il cui funzionamento possiamo comprendere nella fig.7 ispirata daF.Riccardi (10) che è stato il primo a proporre questa soluzione delproblema delle PFQ. G.A.L.NOTE1)Ad esempio in Purpura G.,Testimonianze archeologiche subacquee e aspettigiuridici della pesca del corallo rosso nell’antichità, http://www.archeogate.it,23.09.032)Nibbi A., Stone anchors, The evidence, Mariner’s Mirror, maggio 1986, 5-26.3)Dell’Amico P., Il Museo di Storia e Archeologia di Antibes, L’ArcheologoSubacqueo 1999,2,14.4)Riccardi E.,nota sulle pietre a 5 fori, Studi della Società Savonese di StoriaPatria, Omaggio a Carlo Russo, Savona 1995,349-354.5)Benoit F., Pièces de gréement et d’armement en plomb, engins et piècesdecoratives trouvées en mer, atti del III Congresso Internazionale diArcheologia Sottomarina, Barcellona 1961,394-411.6)Frost H., Stone anchors: a ressessment reassessed, Mariner’s Mirror,novembre 1993,449-458; idem, A coral fishing contraption, in proceedings of6th Intern. Symp. on ship construction in antiquity, Lamia (Greece) 1996,201.7)Galasso M., Pesca del corallium rubrumin Sardegna nell’antichità attraversol’indagine archeologica,cartografica e rilevamenti in mare, XIV CionvegnoInternazionale di Studi “L’Africa romana”, Lo spazio marittimo delMediterraneo occidentale: Geografia Storica ed Economia, Sassari 7-10dicembre 2000; idem, “Strane” pietre forate, L’Archeologo Subacqueo 2000,2,7 (ed altre pubblicazioni).8)L’uso delle croci di S.Andrea fu proibito dalla Spagna nel Mediterraneooccidentale nel 1832 a causa dell’indiscriminata distruzione che essecausavano alla già diminuita riserva di coralli arborei.9)I Killiks sono ancorotti di fortuna, di facile e rapida costruzione, costituiti dadue travetti di legno incrociati e zavorrati nel punto di intersezione da unsasso di qualche Kg. di peso. Le travi funzionavano da marre e il sasso daceppo (Papò A., Ancore di pietra, Viaggio alle radici della storia, Ireco2004,112-113).10)Riccardi F., Nota sulle pietre a 5 fori cit.; idem in Ciciliot F. (a cura di), Navaliaarch. e storia, Savona 1996,203.