In un nostro precedente lavoro (
“Mazzere d’ingegno a Calafuria” ),
reperibile in questo stesso sito,
parlammo di strane pietre d’arenaria
con la forma e la grandezza di una
focaccia, con una faccia piatta e
l’altra faccia convessa e solcata da
una doppia scanalatura incrociata,
ottenuta allo scopo di avvolgervi
strettamente una corda.
Queste “mazzere”,ancora in situ,
del diametro medio di cm. 20 e peso
medio di kg. 13,200, sono state
rinvenute dal G.A.L. ( Gruppo
Archeosub Labronico ) nei fondali di
Calafuria, in direzione di Livorno, alla
profondità media di meno 32,4 mt, a
discreta distanza l’una dall’altra (
30_70 metri ), invariabilmente ai piedi
e più o meno a ridosso di ampi
gradoni coralligeni. Sia le cigliate che
le pareti, gli anfratti e le grotte di
Calafuria, specie sotto il Sassoscritto,
sono infatti sede di vasti insediamenti
( banchi cosiddetti latini ) di un bel
corallo rosso ( corallium rubrum ) ben
nutrito, di grana compatta e
grandezza mediopiccola.
Sia le mazzere che il corallo possono
essere osservati nelle figure 1 e 2
della citata pubblicazione di questo
sito, come anche la nostra
interpretazione delle mazzere come
zavorra di ingegni a croce per la
pesca del corallo ( fig. 3 ).
Terminammo quel lavoro ipotizzando,
con qualche motivo generico, che
quegli ingegni fossero relativamente
antichi, forse medievali.
Oggi, però, maggiormente edotti
sulla storia di Calafuria, difficile da
indagare, eppure più ricca di quanto
si pensi, siamo in grado di attribuire
quelle mazzere ( e ingegni ), con ben
maggiore fondamento, alla flotta di
coralline del marchese C.Ginori,
operante in zona nel Settecento.
Come ci ha gentilmente indicato il
collega ricercatore Mauro Bacci del
Gruppo_Archeologico_Scandiccese,
che qui ringraziamo di cuore, era
floridissima a Cecina, specialmente
alla metà di quel secolo, una grande
villa-fattoria sul mare, del marchese
Carlo Ginori, adibita alla lavorazione
della terracotta, ma soprattutto del
corallo pescato lungo le coste
livornesi. La villa_azienda, cui era
annesso un villaggio o colonia di
corallari provenienti specialmente
dalla Sicilia e da Napoli, guidati da
Anton Francesco Mari, era fornita di
numerosi e ampi ambienti con i più
moderni macchinari e laboratori per
la lavorazione del corallo. La pesca di
questo prodotto raggiunse nel 1748
l’apice della produzione arrivando a
impegnare ben 17 (dico diciassette )
“feluche da corallare” con 50 marinai
cadauna. Scriveva il Principe di
Viano, in un viaggio informativo del
1754 che “vi è la fabbrica dei coralli
di molto spaccio e di grandissimo
negoziare, perché vi è uno spaccio
infinito nell’Indie ed Inghilterra.
Saranno trecento uomini il giorno a
lavorare in villa, divisi in diverse
operazioni nel tagliare, nel bucare,
nel tondeggiare, nel pulire, nel
cassare il colore, nel setacciare le
grossezze e nell’infilare il corallo. Di
un colore cannello, grosso nel
diametro due dita di bel colore, è il
prezzo di cento romani” ( ms. 266,
1794 ).
La pesca del corallo da bordo delle
feluche avveniva tramite numerosi
ingegni a croce di dimensioni
modeste, manovrati a mano da ogni
corallaro mediante un travetto di
legno alla cui metà era legata
l’estremità libera della fune di
sostegno ( Georg Christoph Martini:
“Corallen Fabric zu Livorno”, in
Documenti e itinerari di un
gentiluomo del secolo dei lumi: Carlo
Ginori. Museo Richard-Ginori di
Sesto Fiorentino ).
Il pensiero vola subito alle mazzere
d’ingegno di Calafuria.
E’ infatti praticamente certo che
almeno alcune, se non tutte, le
“feluche da corallare” della flottiglia
Ginori “della Cecina” abbiano
pescato corallo nei fitti e fruttuosi
banchi di Calafuria alla metà del
Settecento e che le mazzere
d’ingegno ivi scoperte dal Gruppo
Archeosub Labronico e ora
conservate nel Museo Archeologico
di Rosignano Marittimo, ne siano la
prova evidente
Alessandro Papò, Letizia Marini,
Gianluca Citi
MAZZERE D’INGEGNO A CALAFURIA E FLOTTA DI
CORALLINE GINORI
MAZZERE D’INGEGNO IN CALAFURIA AND GINORI’S FLEET OF
CORAL FISHING VESSELS
In one of our previous works
(“Mazzere d’ingegno a Calafuria”),
available in this very site, we spoke of
strange sandstone rocks in the shape
and size of a white pizza, one side
being flat and the other convex and
streaked by a double crossed groove,
wade in order to keep a cord wound
tightly.
These “mazzere” (still today “in
situ”), with an average diameter of 20
cm. and an average weight of 13.2
kg, have been found by the G.A.L.
(Gruppo Archeosub Labronico -
Archaeosub Labronic Group) in the
seabed of Calafuria, in the direction
of Livorno, at an average depth of
32.4 meters, a quite remarkable
distance from each other (30-70
meters), invariably at the foot of and,
more or less, close to the large coral
_covered terraces.
Both the embankment and the walls,
the gorges and the caves of
Calafuria, like the ones below
Sassoscritto, are actually deposits (so
called "Latin" mounds) of beautiful
red coral (corallium rubrum),
well_nourished, of a compact grain
and a small_to_medium size.
The mazzere as well as the coral in
situ are illustrated in figures 1 and 2
of the above mentioned publication
of this site, as well as our
interpretation of the mazzere as
counter-weighted crossed ingenious
tools (“ingegni”) for coral fishing (fig.
3). We finished that work
hypothesizing, with some generic
reason, that those ingenious tools
were relatively antique, perhaps
medieval.
Today, however, better acquainted
with the history of Calafuria, difficult to
investigate, yet richer than one might
think, we are able to attribute those
mazzere (and ingenious tools), with a
much stronger foundation, to the
Marquis C. Ginori’s fleet of
coral_fishing boats, operative in that
area in the 18th century.
As the researcher Mr.Mauro Bacci,
of the Gruppo Archeologico
Scandiccese, whom we thank very
much, you, kindly pointed out that, in
Cecina, especially in the middle of
that century, Marquis Carlo Ginori had
a thriving large villa/farmhause on the
sea, used to working terracotta, but
above all the coral fished along the
coast of Leghorn.
The villa/farmhause, which included a
village or colony of coral fishermen
coming especially from Sicily or
Naples, supervised by Anton
Francesco Mari, had many large
rooms with the most modern
machinery and laboratories for
working the coral. The fishing of this
product reached its peak in 1748,
when it required up to 17
(seventeen) “coral vessels”, each
manned with 50 sailors.
The Prince of Viano wrote, during an
investigative trip in 1754, that “there
is a lot of trafficking and trading,
because there are huge sales in India
and England. There are probably 300
men a day working in that villa,
divided into the different operations of
cutting, piercing, filing, cleaning, color
quashing, sifting the sizes and
threading the coral. Of a cinnamon
color, with a diameter of two fingers of
a beautiful color, it has the price of
100 romans (ms. 266, 1794).
Coral fishing from aboard a vessel
was made by means of numerous
ingenious cross tools of modest
sizes, hand operated by each coral
fisherman who used a wooden beam
to the free-end of which a support
rope was tied (Georg Christoph
Martini: “Corallen Fabric zu Livorno”,
in Documents and itineraries of a
gentleman from the Age of
Enlightenment: Carlo Ginori.
Richard-Ginori Museum of Sesto
Fiorentino ).
We immediately think of the mazzere
d’ingegno (counterweighted stones
of the ingenious tools) found in
Calfuria, at the Punta del Miglio. It is
actually practically certain that at
least some, if not all of the “Coral
fishing vessels” of Ginori’s “Cecina”
fleet fished for coral in the dense and
fruitful banks of Calafuria in the
middle of the 18th century and that
the mazzere d’ingegno found there
by the Gruppo Archeosub Labronico
and now Kept in the Archaeologic
Museum of Rosignano Marittimo,
are the obvious evidence.